Day-after della sconfitta, beffarda e dolorosa, della Grissin Bon in Supercoppa contro Avellino. Un ko che verrà ricordato soprattutto per il canestro di Joe Ragland sulla sirena, ma che ha dato tanti spunti, positivi e negativi, da analizzare in vista dell’esordio in campionato con Caserta. Proviamo a farlo per macrotemi con la nostra rubrica #robatattica. 

La transizione:

La parola chiave in questo senso è bilanciamento, ed è un tema che, se Reggio proseguirà sulla “filosofia” di gioco mostrata nel precampionato, tornerà spesso fuori. Nel primo tempo i biancorossi hanno attaccato bene in transizione, mostrando buona fluidità e capacità di individuare con letture veloci le situazioni da premiare. Non stiamo parlando di contropiede primario, ma di transizione, come in questo caso con Cervi (che, nonostante le lunghe leve, è spesso bravo a sprintare più veloce del suo diretto avversario):




Allo stesso tempo però, alzando la linea del pressing e il numero di possessi, Reggio ha spesso peccato difensivamente proprio la stessa moneta: male nella prima metà di gara la difesa nei primi 6/7 secondi. Obasohan soprattutto ha più volte fatto male alla retroguardia biancorossa attaccando direttamente da canestro subito o in semi-transizione:

Questa è un’altra situazione simile: seppur su una situazione atipica come una palla vagante restano quattro giocatori fermi di fatto davanti alla linea del pallone e Reggio non subisce due punti perchè Polonara fa un miracolo.




Il Pick and Roll

Qui invece la parola chiave è collaborazione: male Reggio nel primo tempo. In situazioni di pick and roll attaccando dal palleggio, la Grissin Bon ha inizialmente scelto di inseguire, negando il tiro da tre punti, ma facendo arrivare troppo facilmente al ferro Ragland e compagni:

Interessante anche questa variante scelta da Sacripanti: una sorta di screen the roller che porta un lungo (e non una guardia, come avviene abitualmente) a bloccare il difensore (in questo caso Cervi) del lungo che aveva portato il primo blocco. L’obiettivo è neutralizzare il cambio. Qui l’uomo chiave è Polonara, che resta nella “trappola” di Avellino, e l’aiuto tardivo (o del tutto inesistente) dal lato debole:

Nel secondo tempo però Reggio è migliorata molto, sia con in campo Cervi che con il quintetto piccolo. Qui lo staff biancorosso ha replicato la mossa, già utilizzata negli scorsi playoff, di mettere un piccolo (Gentile) a marcare il “4”, cioè Leunen, ed un lungo (James) a marcare il “3”, cioè Thomas. Proprio come faceva Silins su Nunnally negli scorsi playoff. Con questo assetto e Lesic in campo il cambio sistematico è naturale: Reggio esegue addirittura tre volte nel giro di pochi secondi.




Le palle perse

Sono quelle che, numeri alla mano, hanno fatto la differenza nel finale. Nove delle quindici totali reggiane sono arrivate nell’ultimo quarto; sia nel momento del recupero di Avellino dal -9 (Needham sulla rimessa, Gentile dal palleggio), sia nei momenti chiave dalla gara con il punteggio in equilibrio, come De Nicolao in questi due casi:




La “presenza” a rimbalzo

Un aspetto su cui Reggio ha sofferto tanto nella scorsa stagione e dove invece, a maggior ragione contro un avversario come Avellino, ha mostrato notevoli progressi è quello della presenza a rimbalzo. La Grissin Bon ha chiuso con più rimbalzi totali della Sidigas, 10 dei quali in attacco: numeri a cui non siamo abituati con la “vecchia” Grissin Bon, ma che vengono in gran parte giustificati dal ritorno di Riccardo Cervi che, come in questo caso, è un fattore sotto le plance: