Il basket “moderno” va verso una direzione ormai chiara a tanti: la cosiddetta “small ball”, che impone un ritmo sempre più veloce alle gare e schiera assetti se possibile tendenti al “piccolo”, a volte arrivando fino all’estremizzazione di questo concetto (pensate a Durant da “4” e Green da “5” ai Warriors, ad esempio, oppure al quintetto reggiano con Polonara e Silins da lunghi usato tantissimo da Menetti nelle finali scudetto contro Sassari).
Questo però non significa che la presenza di un centro puro, nell’accezione più originaria del termine, non sia ancora un surplus che si può sfruttare, se ben amalgamato nel sistema di gioco della squadra.
E’ quello che sta facendo, e pure molto bene, la Grissin Bon di questo inizio di stagione con Riccardo Cervi e, anche se in forma più ridotta, anche con il suo pari-ruolo Sava Lesic (dotato di caratteristiche più dinamiche del reggiano).
Coinvolgere il “5” offensivamente può ancora essere un’arma determinante per i successi di una squadra, soprattutto se lo si fa in maniera dinamica come lo fa Reggio: i tantissimi canestri derivanti dal pick & roll di Cervi a Trento ne sono la più palese dimostrazione.
Le cifre
Sono interessantissime a tal proposito. Prendiamo ad esempio i dati totali dei pivot reggiani nelle ultime due partite, cioè Riccardo Cervi e Sava Lesic. Hanno segnato un totale di 56 punti (26 con Venezia, 30 con Sassari) in 80′ totali (51′ giocati da Cervi, 29′ da Lesic) con un più che incoraggiante 20/30 al tiro da 2 punti e soprattutto subendo un totale di 21 falli (più di 10 a partita, quindi). Dimostrazione non solo che la Grissin Bon ha imparato a servirli con continuità, ma anche che questi rappresentano un pericolo ben individuato dalle squadre avversarie.
Insomma, per mettere nelle condizioni ideali i vari Aradori o Della Valle di andare “on fire” e spaccare in due le partite il segreto di pulcinella è proprio la necessità che l’attenzione delle difese avversarie sia rivolta sulla pericolosità dei giocatori sotto canestro: un dato per nulla scontato dopo l’addio di un terminale quasi “unico” in tal senso come Darjus Lavrinovic, ma che Reggio fino a questo momento ha saputo sostituire nel migliore dei modi, seppur con atleti con caratteristiche estremamente diverse.