Schizofrenica e indolente. La Grissin Bon che ha perso il quinto posto e la faccia (cerchiamo di non perderla noi fingendo che quello di ieri sera sia stato un passo falso normale…) in quel di Cremona è stata la perfetta matrice del modello di squadra che ha solcato, con alterne fortune, queste trenta gare.
Le responsabilità? Ovviamente piramidali, come ogni azienda che si rispetti. Ma fermiamoci un secondo prima di scagliarci contro questo, quello o quell’altro. La stagione non è finita. E questo non è uno stornello, è una realtà inconfutabile.
Iniziano i playoff, l’avversaria sarà una big come Avellino e tutto è da scrivere. Il foglio è bianco, appena estratto da una risma. Le matite per disegnare un ritratto di livello ci sono.
Detto questo, premessa fondamentale per evitare che questa riflessione possa sembrare un de profundis, proviamo a “tirare una riga” ma a sospendere il giudizio.
La squadra dimostra cronici problemi di testa: voglia di sacrificarsi per il compagno, attitudine a piegare il sedere e sbucciarsi le ginocchia, cattiveria, intensità. Lo ha dimostrato in maniera esplosiva nelle ultime due gare esterne, ma sono due terzi di stagione che Reggio evidenzia tutto questo.
Si sono fatte scelta sbagliate sugli stranieri; tutti, nessuno (eccetto Wright ovviamente) escluso. Si sono fatti altrettanti errori nel gestire la leadership. Forse si è usata molto più la carota che il bastone. Forse c’è della sabbia in qualche ingranaggio. Forse c’è una indolenza verso qualcosa o qualcuno che porta a guardare gare con elementi che vestono la stessa maglia ma che non si possono definire squadra.
Tutte valutazioni che non possono non essere fatte dopo trenta gare. “Tirare la riga”, appunto, è necessario.
Però…però – e forse siamo inguaribili ottimisti anche se gli occhi (e le orecchie…) le hanno tutti – ancora questa stagione non è rotolata via. Inizia la seconda parte. Sarà in salita. Sarà piena di strattoni. Sarà tumultuosa. Però quando si dice che i playoff resettano tutto è dannatamente vero. E allora, per ancora qualche giorno, speriamo settimana, occorre fare quadrato e provare a sostenere la Grissin Bon con tutte le forze.
Tutti. Nessuno escluso. Poi, quando sarà finita, la riga che si è tirata diventerà definitiva e allora – ma solo allora – le matite che dovevano dipingere i ritratti su foglio bianco, verranno usate per scrivere giudizi. Necessari dopo questi dieci mesi.
Serve coraggio, serve passione, serve voglia di soffrire. Nostra, non loro. Ma la società se lo merita.
E allora sforziamoci, poi, a bocce ferme, giudicheremo quella che è una schizofrenica e indolente Grissin Bon che forse non rimarrà nei cuori di tutti, ma che può ancora rendersi più…simpatica. Perché bella, probabilmente, non lo sarà mai.