E’ il luglio del 2016. Reggio, Trento e Sassari sono costrette a rinunciare alla partecipazione in EuroCup, immolate sull’altare degli interessi politici e politico-sportivi. Naa, non veniteci a raccontare le vostre finte verità.

Marzo 2018. Pallacanestro Reggiana ottiene il pass per le semifinali di EuroCup con una cavalcata inaspettata ma meritata, che la porta a giocarsi l’accesso alla finale contro il Lokomotiv Kuban, che due anni or sono conquistava il terzo posto alle Final Four di Eurolega.



Il grande risultato parte da lì, da quella scelta di fedeltà alla ECA che la società biancorossa fece, senza piegarci alle fruste politiche. Si è discusso parecchio nel merito di essa. Giusta? Sbagliata? Oggi possiamo dire – senza timori di essere smentiti – che fu una scelta sacrosanta, non solo per il risultato maturato sul campo, ma per il mondo che essa ha permesso a Reggio di frequentare.

L’EuroCup è una competizione di “classe A+++” e affrontare società come Bayern, Kazan, Zenit, Kuban, Hapoel Jerusalem, Galatasaray, Asvel è una crescita non solo cestistica, ma nel concetto stesso di “essere una società”.

Le organizzazioni di paesi come Germania, Francia, Turchia, Russia, tra le altre, sono di profilo elevatissimo e devono fare aprire gli occhi su cosa manca al basket italiano per potersi ritenere “in salute” (cit.). Manca tutto quello che viene prima del parquet.

Centri di allenamento, facility, possibilità di gestione in proprio degli impianti, palazzi moderni, approccio media. Quanti costi deve sostenere una società in Italia che in tante piazze d’Europa non solo non sono tali, ma anzi, talvolta diventano una voce attiva del bilancio?

Pallacanestro Reggiana, assieme alle società italiane in generale che comunque qualcosa hanno provato a fare, vive all’ombra di un indotto che risulta un fardello enorme per la crescita. Palazzi fatiscenti, affitti da pagare anche solo per allenarsi, settori giovanili a volte nulli, a volte carenti, a volte ridimensionati per insostenibilità. Tutto nasce e muore con un benefattore, con un main sponsor.



Avete presente il calcio degli anni ’80-90′? Dove o avevi il presidente benefattore o eri nessuno? Ecco, il basket è questo, ora. Se uno sponsor lascia la società è in balia delle onde. Se un patron lascia, la società affonda. Manca la sostenibilità data da una struttura – attorno al campo e  in campo – che possa rendere le società pronte a crescere molto meno dipendenti da sponsor e da patron che sono il loro cuore pulsante. A Reggio Landi, a Venezia Brugnaro, a Milano Armani, a Sassari Sardara. Andiamo avanti?

Giocare l’EuroCup ha fatto aprire gli occhi; molto più quest’anno rispetto a due e tre anni or sono. Perché? Perché il livello è cresciuto e l’Italia è rimasta ferma.

In Europa il passo avanti è stato fatto e disputare questa EuroCup ha messo in luce situazioni drammatiche per il basket italiano. Realtà distanti da noi migliaia di chilometri – non solo geograficamente – ma che sono cresciute con la vision, con investimenti nel tempo e seguendo la strada corretta.

Certo, anche con i gasdollari, vero, ma Kazan o l’UNICS, con training center grandi come mezze città e con tutto a disposizione in pochi metri, non sono nati dal nulla piantando e innaffiando una banconota: sono nati con la programmazione, sono nati grazie ai dollari ma perché qualcuno he giustamente pensato a seminare per poi rendere il “giochino” quasi autosostenibile un domani.

Il Bayern andrà in Eurolega, l’ASVEL anche, il Loko e il Darussafaka pure, il Gala c’è stato fino allo scorso anno e può tornarci quando il campo vorrà. Tutte organizzazioni di un livello altissimo, che faranno il salto non solo per meriti sportivi ma anche perché invitate al ballo grazie alla loro programmazione.



E non parliamo poi del parquet, dove comunque molte di loro esprimono un basket che in Italia non si vede, perché qui, nello stivale, si gioca un basket uguale per 16/16 delle squadre. In Europa si gioca un basket diverso, più vario, più essenziale ma meno dispendioso e più efficace.

L’EuroCup è stata una vetrina, una palestra, una Università. Arrivare sino alla soglia della finale e poter giocare contro squadre come il Kuban e vedere organizzazioni nel percentile più alto, vi diremo la verità, ha messo un po’ di tristezza per quel che vediamo ogni domenica. Senza puzza sotto al naso o altro. Parliamo in generale, non solo di Reggio.

E pensare che alcune squadre sono state costrette a rinunciare a questa vetrina…per poi ora leggere che “hanno onorato il basket italiano” perché arrivate sino qui.

Il basket italiano ha una salute tremenda. E’ moribondo. Questo – ripetiamo – al di là del parquet e non certamente per sole responsabilità delle società.

In Europa si è cresciuti e ora si è al livello successivo. In Italia il problema sono il font uguale sulle maglie e i palazzi da 5000 obbligatori ma poi derogati.

Noi stiamo guardando il dito mentre c’è qualcuno che ci sta indicando una luna splendente.