Una sola stagione in biancorosso, tra alti e bassi. Ma un canestro decisivo da metà campo che lo hanno immortalato nella storia della Pallacanestro Reggiana.
Donato Avenia, 52 anni, campano di origine, ma romano di adozione, aveva 27 anni quando arrivò nella nostra città reduce da trionfali campionati a Roma e, soprattutto Reggio Calabria. Nella nostra città, Avenia disputò una stagione interminabile tra regular season e play out: 40 partite, 502 punti (12.6 di media con il 33,7% da tre punti) e quel canestro indimenticabile al Flaminio di Rimini che valse la salvezza alla squadra di Virginio Bernardi.
Avenia, partiamo proprio da quel fatidico 15 maggio del 1994.
Come dimenticarlo. Era una partita da “dentro o fuori”. Se avessimo perso saremmo stati praticamente retrocessi. Ho preso la palla, ho alzato la testa, ho notato che mancavano ancora 4 secondi. Ho fatto due palleggi e poi ho tirato, ciuff! Neanche mi sono accorto che c’erano Davolio e Brown liberi sotto canestro. E’ andata bene. In questi casi se segni sei un eroe, se sbagli sei un “coglione”. Ma la verità su quel canestro la sa soltanto Giordano Consolini.
A distanza di 24 anni, può condividerla anche con i lettori di Basketime?
Direi di sì, i fatti sono caduti in prescrizione. La verità è che ho deciso di tirare da metà campo soltanto perché l’anno prima, in una situazione identica a Reggio Calabria mi venne il “braccino” e invece che tirare passai la palla a Garret. Che sbagliò. E così, a Rimini ho agito in proprio. Ed è andata bene.
Finale trionfale di una stagione tribolata.
Guarda, fu davvero una stagione strana. Il girone di andata andò malissimo, ma nel ritorno ci scatenammo. Se non vado errato, abbiamo fatto gli stessi punti della Buckler Bologna che poi vinse il campionato. Davvero “double face” come stagione, anch’io cambiai passo: chiusi il ritorno a 20 punti e 8 rimbalzi di media.
Problemi di amalgama?
Per me lo spogliatoio è un “santuario”. Quindi i dettagli non li rivelerò mai. Diciamo che quella squadra era reduce da una stagione trionfale e l’innesto dei nuovi non fu subito ben amalgamato dallo zoccolo duro. Poi ci furono i casi di Fantozzi e Ricci che finirono addirittura fuori squadra. Da Natale in avanti le cose andarono meglio.
Che ricordi hai della tua esperienza reggiana?
Sono sincero, non sarei mai andato via da Reggio Calabria. Purtroppo la Viola versava in cattive acque, e così fui ceduto alla Pallacanestro Reggiana. Nella vostra città si stava (e credo si stia tuttora) bene. Io abitavo dietro al Palasport, vicino alle ex carceri. Non uscivo tanto, preferivo stare in casa. Ricordo interminabili partite a Trivial Pursuit con Usberti e Menetti che già allora si vedeva sarebbe diventato un grande allenatore. Ma d’altronde a Reggio si lavora e si cresce bene, penso anche ad Andrea Menozzi.
Sei mai più tornato a Reggio?
Sì, ci sono tornato per la partita di addio al basket del grande Mike Mitchell. Ricordo che ero reduce da una settimana con la febbre alta, ma a quella serata non potevo proprio mancare.
Lo chiedo a tutti: un ricordo di Mike Mitchell?
Mike è una delle cose più belle che mi sia capitata nel mondo del basket. Ricordo una sera, poco prima di Natale. Era un periodo in cui io facevo fatica sul campo, non facevo mai canestro. Cenammo con le nostri mogli, la mia era incinta di Giorgia, la mia primogenita, nata poco dopo a Reggio. Beh, da quella sera svoltò letteralmente la stagione. Mia e della squadra.
Oltre a Mitchell, hai giocato con tanti grandi campioni. Quale il più forte?
No, di nomi non ne faccio perché farei torto a qualcuno. Ho avuto la fortuna di allenarmi e giocare con campioni incredibili che spesso abbinavano il talento cestistico all’affabilità fuori dal campo. Penso a Mike, ma anche a Volkov, Dan Caldwell, Michael Cooper che era stato un asso dei Lakers, lo stesso Joe Bryant. A Reggio Calabria seguiva gli allenamenti anche il piccolo Kobe…
A Reggio per via di quel canestro sei diventato la “mano di Dio”. Ma in tutta Italia ti conoscono come “Brontolo”. Ci puoi spiegare il motivo?
Direi che è abbastanza palese. Diciamo che in campo mi piaceva comunicare. Con i compagni, con gli avversari, con gli allenatori. Ma soprattutto con gli arbitri che mi “amavano” per questo. Sai che noia se nessuno li degnasse manco di una protesta….
Una coppa Korac a Roma, 500 partite in serie A tra le due Reggio, la capitale e Rieti. Tre presenze in nazionale: qualche rimpianto?
No. Ho giocato 14 campionati in serie A. Forse solo un episodio poteva “svoltare” la mia carriera, una sorta di “sliding doors”. Roma si rifiutò di cedermi a Milano per non rinforzarla troppo. Ecco, se fossi andato a Milano forse poteva cambiare qualcosa. Ma a quei tempi, e aggiungo io per fortuna, i destini dei giocatori li stabilivano i club, non i procuratori.
Nostalgia del vecchio basket di una volta?
Non sopporto quelli che mi dicono che il basket di oggi è diverso da allora. Chiaro che la stazza fisica è legata ai tempi in cui si vive, ma non pensare che negli anni Ottanta o Novanta non ci fossero atleti pazzeschi. Sono sincero, non guardo molto basket in TV, non mi diverte un granchè. Secondo me, si è persa un po’ l’idea di lavorare duramente sul parquet. Anche perché, per un giocatore italiano che arriva dalle “minors”, ci sono meno sbocchi.
Cosa fa adesso Donato Avenia?
Mi godo un po’ di relax. Lo scorso anno ho allenato la Virtus Valmontone, vicino a casa. Abbiamo disputato una stagione incredibile sfiorando la promozione in serie A. Sto con la mia famiglia, seguo le mie figlie: Francesca che gioca a basket e Giorgia che gioca a volley in serie A2 a Baronissi. Io abito a Colleferro, la città di mia moglie Antonella, dove ho una società di basket. Pensa che ho persino costruito un palasport. Prima c’era una struttura fatiscente e come società ci siamo impegnati a realizzare il nuovo impianto. Per mesi mi sono occupato di tutto, dal mutuo ai ganci per i tabelloni. Ecco, questo ancora mi riempie di orgoglio e felicità: dare un campo in cui i giovani possono giocare. “Quello che lasciamo è ciò che costruiamo”. E io ho preso questo bel proverbio alla lettera.
Gabriele Cantarelli
Ecco la gallery di Avenia, con la gif del suo famosissimo tiro da tre punti da metà campo a Rimini.