Una prestazione che ha aperto la botola sul momento più basso della recente storia di Pallacanestro Reggiana.
Tanto si è detto, tanto si sta scrivendo. Una contestazione, i brusii del PalaBigi, le tensioni. Cose lontane anni luce dal passato di questi ultimi anni della società del patron Landi, ma che a oggi non ci sentiamo di condannare, visti anche i modi assolutamente non sopra le righe con le quali sono avvenute.
Da dove ripartire? Tornate a farvi amare.
Non vorremmo essere nei panni della società, perché le scelte da fare sono ineluttabili e necessarie: così la barca cola a picco e occorre intervenire in questo momento.
Coach? Giocatori? Vedremo, di certo si cambierà decisamente rotta. Ma una cosa ci pare che manchi palesemente in questo gruppo: la “reggianità”, il capire per chi si sta giocando e in che modo occorre farlo.
Reggio è una piazza che ama più i De Vico che i Ledo, i Candi dei Griffin. La storia lo dice. Se poi il talento si mischia alla garra allora è il massimo. Ma oggi il vortice di negatività che ha contagiato anche lo spogliatoio sta travolgendo tutto e tutti e il nostro essere reggiani, il loro essere Pallacanestro Reggiana – proprio nel giorno del Patrono – è stato cancellato o quasi.
Occorre ritrovare una squadra che sputa sangue, giocatori che sono disposti a farlo. E badate bene che in squadra alcuni ci sono eccome, ma quando il virus si diffonde non risparmia quello o quell’altro.
Le parole di Riccardo Cervi hanno scoperchiato il vaso e ci sentiamo di condividerle come miglior analisi possibile sul “cosa fare?”. Ripartire da lì, con le scelte che saranno fatte, ma come base il ridare al pubblico una squadra che ha voglia, che lotta, che ha il sangue agli occhi. Oggi questo manca.
Ed è questo che fa quasi più male dei risultati. Il vedere che Reggio sta giocando come una formazione normale, fatta di giocatori che oggi ci sono e domani chissà. Non è mai stato così, qui. Al PalaBigi non ha mai giocato una squadra “normale”.
Ritroviamo il senso di giocare con quella maglia addosso. Il resto, con le opportune correzioni, siamo certi che arriverà.